Perché le università di tutto il mondo collaborano per svolgere esperimenti su piccoli appezzamenti di terreno per vedere quali effetti potrebbero avere i cambiamenti climatici sulle piante.
Basta infatti leggere il documento in questione, intitolato "Cooperazione Italia-USA su scienza e tecnologia dei cambiamenti climatici" (immagine qui accanto), per capire che non è in alcun modo collegato all'esistenza di tecnologie segrete per il controllo artificiale del clima, come previsto dalla teoria delle scie chimiche.
Il documento, infatti, descrive test svolti negli appositi "siti sperimentali italiani dove vengono modificate artificialmente le condizioni ambientali a cui è esposta la vegetazione" (pag. 38) per conoscere meglio i "meccanismi di risposta delle piante" in caso di cambiamenti della temperatura, delle precipitazioni e della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera, dovuti a fattori naturali e/o all'inquinamento industriale, che sono problemi concreti, non alle scie chimiche.
Si tratta di siti talmente piccoli che non avrebbe senso irrorarli con aerei, da qualunque quota. Per esempio, il documento Spatial and Temporal Effects of Free-Air CO2 Enrichment (POPFACE) on Leaf Growth, Cell Expansion, and Cell Production in a Closed Canopy of Poplar, pubblicato dalla American Society of Plant Biologists nel 2003, indica che uno di questi siti era composto da tre porzioni di un pioppeto per un totale di circa 950 metri quadrati: l'equivalente di un quadrato di 31 x 31 metri.
Un esperimento locale su un ecosistema (una zona piccolissima e ben delimitata) non è paragonabile al cambiamento artificiale del clima su scala mondiale paventato dai sostenitori della teoria delle "scie chimiche": sarebbe come fare pipì nel Po e pensare che questo possa causare una morìa di pesci nell'Adriatico.
Sarebbe oltretutto piuttosto stupido organizzare un piano segretissimo per la disseminazione occulta di scie chimiche per manipolare il clima e poi andare a spifferare tutto in un documento pubblico e liberamente consultabile.
Inoltre i dettagli di questo presunto piano segretissimo sono talmente ben noti che si sa anche dove sono i siti sperimentali: quello italiano citato sopra è un pioppeto che sta a Tuscania, in provincia di Viterbo, e le sue coordinate geografiche sono pubblicate in questo articolo pubblicato dagli Annals of Forest Science e redatto dai ricercatori dell'Università degli Studi della Tuscia.
Infine, va notato che nell'accordo di cooperazione in questione non c'è alcuna indicazione di irrorazioni o di uso delle sostanze chimiche (bario, alluminio e altro) prospettate dai sostenitori della teoria delle "scie chimiche".